martedì 14 giugno 2011

Oggettività reale o realtà oggettiva

Quale è il sapore del pane? Quello del primo pezzo che mangio quando ho fame o quello che mangio dopo quando mi sono saziato? Quale è l'odore dell'arrosto? Il buono, il caro, che ogni altro odore vince, quale mi spira incontro s'io cerchi invano il pane o quello del pezzo d'arrosto che avanza alla mia tavola? E l'occhio, che cos'è che l'occhio vede? Davvero io credo che ognuno possa esperimentare la dubbia vista del suo occhio, ed essere incerto quale sia la faccia delle persone che più gli sono vicine. Guardate la faccia dell'amico in cui credete e vi sarà una nobile faccia – e la nobiltà localizzerete sul naso o nella fronte o in un certo che degli occhi – guardatelo quando v'abbia tradito e vedrete una bocca turpe, una cera sinistra, un'espressione insomma che non va. (…) Quale è l'esperienza della realtà?
S'io ho fame la realtà non mi è che un insieme di cose più o meno mangiabili, s'io ho sete, la realtà è più o meno liquida, e più o meno potabile, s'io ho sonno, è un grande giaciglio più o meno duro. Se non ho fame, se non ho sete, se non ho sonno, se non ho bisogno di alcun'altra cosa determinata, il mondo mi è un grande insieme di cose grigie ch'io non so cosa sono ma che certamente non sono fatte perch'io mi rallegri. (Carlo Michelstaedter – La persuasione e la rettorica – Adelphi 2007).

Già Cartesio metteva in dubbio l'affidabilità dei sensi nel leggere e percepire la realtà che ci circonda. Spesso siamo portati a considerare con superficialità ciò che abbiamo di fronte, spendendoci in giudizi frettolosi che non concedono il tempo di riflessioni approfondite, spinti come siamo a vivere una vita che ci passa accanto senza permetterci di afferrarla mai veramente. Ma fino a che punto le condizioni esterne, il nostro stato emotivo, i pregiudizi, condizionano la nostra lettura della realtà? Possiamo parlare veramente di una oggettività di ciò che ci circonda?

5 commenti:

  1. Scrivevo pochi giorni fa ad un amico dicendo che mi sembrava di aver perso la facoltà di ragionare in modo razionale su tale cosa. Lui ha risposto così: "non preoccuparti, succede. Quando si perde la razionalità, bisogna affidarsi all'istintività: in questo modo ritorna anche la razionalità perché le due cose lavorano insieme.. come Yin e Yang. Tu sai questo". allora sono andata in montagna con la mia cagnetta che ho lasciato sciolta. Il sentiero era difficile all'inizio, poi nel bosco ho cominciato a sentirmi più serena. Abbiamo continuato fino ad un belvedère. Mi sono seduta dietro alla Croce e ho guardato la valle, aperta, lo sguardo portava lontano. E la risposta mi è arrivata. Piano, le emozioni hanno lasciato il posto ad un pensiero più obiettivo. Yin e Yang. Equilibrio. Ho trovato la risposta che cercavo. Sicuramente non è filosofia ma chi lo sa? Credo che i sensi sono affidabili come segnali, indicazioni che possiamo, se lo vogliamo, matabolizzare, per capire a cosa rimandono. L'innamoramento per esempio è uno stato emozionale sul quale si può veramente lavorare (cf. Eros e pathos di Carotenuto). Chiedo scusa torno sempre alla psicologia. C'è una oggettività di ciò che ci circonda io credo solo che la leggiamo con quello che siamo. Ed è soltanto alla secona lettura, terza, quarta che riusciamo a leggerla con oggettività.

    RispondiElimina
  2. ho dimenticato di dire che io in quel posto non c'ero mai stata e che forse le condizioni esterne sono importanti nel senso che, a volte, bisogna uscire dai sentieri battuti per aver les risposte giuste.

    RispondiElimina
  3. La lettura della realtà attraverso i nostri sensi non può portare ad una oggettività in quanto questa è comunque filtrata dalla nostra visione giudicante.
    La domanda sulla vera essenza delle cose può trovare risposta solo al di fuori di noi, obbligandoci a cercare nel vuoto che creiamo all'interno di noi stessi, nel tentativo di avvicinarci il più possibile alla verità delle cose in quanto tali. Sino a che le nostre emozioni, i nostri pregiudizi veleranno il nostro sguardo non potremo vedere con gli occhi dell'anima.

    RispondiElimina
  4. i nostri sensi percepiscono les vibrazioni inviate da una persona ma anche da l'énergia liberata da una pianta, un albero... Queste vibrazioni trovano risonanza in noi spesso toccando un punto non ancora risolto, ma anche condizionamenti, pregiudizi, e creano emozioni, sensazioni, coinvolgimenti, innamoramenti, ecc.. e se siamo in grado di fare, appunto come dici tu, il vuoto per riceverle, possiamo, attraverso il pensiero, elaborarle, riconoscerle, capire a cosa ci rimandono. Saremo allora in grado di governarle sempre meglio, sino a farlo in modo spontaneo. Saremo allora in grado di vedere la realtà in manière oggettiva. Non credo che si possa leggere la realtà attraverso i sensi, affatto, sono lo strumento che possediamo, i magneti della comunicazione non verbale, ma reale, quella che ci emoziona così tanto. Lo strumento per captare il non detto, espresso attraverso le nostre vibrazioni. Poi c'è l'intelligenza che fa tutto il resto..

    RispondiElimina
  5. La sfera del non verbale o forse, come dice Heidegger nel video citato in un altro post, attraverso il linguaggio poetico inteso in senso ampio, creativo, che abbraccia tutte le sfere dell'espressione trascendente e che si pone come un oltrepassamento rispetto a ciò che la ragione tende a decodificare utilizzando categorie date impoverendone la lettura.

    RispondiElimina