domenica 25 settembre 2011

Ciao!

Viviamo immersi in una società di amici (e non solo a causa di Facebook) dove l'estraneo sembra non esistere, dove basta entrare in un negozio, rispondere alla chiamata di un call center, per sentirsi apostrofare confidenzialmente con un ciao, con una confidenza e un senso di convivialità degne di un'amicizia di vecchia data.
Fin qui tutto bene, forse. Purché si resti nei confini del contatto superficiale, quello che non coinvolge, che non implica una necessaria messa in discussione di ciò che siamo veramente, perché gli specchi che ci troviamo di fronte potrebbero mettere a nudo ciò che siamo veramente, con i nostri difetti, le nostre imperfezioni, le nostre debolezze.
Scatta a questo punto il meccanismo di difesa che ci porta a considerare l'altro come il "nemico" dal quale guardarsi, invasore della nostra privacy.
Ma allora perché siamo così propensi ad accettare il "tu" confidenziale anche in situazioni che non lo richiederebbero?
Forse perché ci accontentiamo di contatti che non vanno oltre il primo strato della nostra essenza?
Viviamo forse in una Società nella quale la superficialità è assunta a dogma, dove nemmeno a noi stessi, a volte, è consentito di fermarsi a osservare ciò che siamo e come agiamo, presi dal ritmo frenetico del nostro vivere, ancora di salvezza contro lo sguardo interiore che potrebbe giudicare e giudicarci, mettendo in crisi la nostra stessa modalità di vita.
Se riuscissimo anche solo per un attimo a fermarci ad osservare al nostro interno, forse troveremmo più di un motivo per fuggire urlando.

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