domenica 25 settembre 2011

Identità

Quando il muro di Berlino è caduto, il 9 novembre 1989, molte persone hanno sperato che sarebbe iniziata in tutti i continenti un'epoca di pace, libertà e prosperità senza precedenti nella Storia. Dodici anni dopo si sono verificati gli attentati dell'11 settembre 2001 e questa prospettiva è sembrata improvvisamente molto lontana. Senza dubbio ci sono state, in questo o in quel paese, dei progressi significativi - elezioni insperate, riconciliazioni spettacolari, iniziative di pace. Ma la violenza è restata quotidiana, la gestione del mondo resta confusa, gli equilibri restano fragili e l'avvenire del paese è  offuscato da mille incertezze.
Perché lo scenario ottimista non si è realizzato? Una delle spiegazioni è che con la fine della guerra fredda siamo passati da un mondo in cui gli attriti erano fondamentalmente ideologici a un mondo in cui gli attriti sono fondamentalmente identitari.
Le appartenenze religiose hanno sicuramente giocato un ruolo di primo piano nel crollo dell'edificio sovietico, dalla Polonia all'Afghanistan. Era dunque prevedibile che giocassero un ruolo anche nel periodo che ha seguito il crollo del Muro. Tanto più che le dottrine che avevano dominato il XX secolo avevano ormai perso la loro attrattiva.
Ma se il lungo confronto ideologico fra comunismo e capitalismo si è rivelato pericoloso e rischioso, aveva tuttavia avuto almeno un merito, quello di suscitare un dibattito intellettuale permanente. Al contrario, gli attriti identitari non suscitano alcun dibattito ideologico. L'appartenenza a una comunità religiosa è generalmente determinata dalla nascita e non deriva da una scelta. Un'identità si scopre, si assume, si proclama; non è mai dibattuta con coloro che appartengono alla "parte avversa". Si afferma ad alta voce la propria appartenenza, spesso con tono di sfida e di solito contro un "nemico", reale o immaginario che sia. Dopo di che, non c'è più nulla da discutere. Ci si accontenta di accusare, di condannare e di demonizzare.
Non dubito che per molti anni ancora il problema dell'identità avvelenerà la Storia, indebolirà il dibattito intellettuale, diffondendo ovunque l'odio, la violenza e la distruzione. Ma non basta deplorare un'evoluzione così inquietante né basta scaricare la colpa sull'Altro, chiunque egli sia. Dobbiamo cercare di domare la pantera identitaria prima che ci divori. E, per iniziare, è essenziale che la osserviamo con attenzione.
(Amin Maalouf: L'identità - Bompiani 2009).
Il crollo delle ideologie ci ha lasciati orfani di una conformità del pensiero , di conseguenza ci siamo aggrappati a ciò sembrava più a portata di mano, il senso rassicurante di un'appartenenza religiosa, culturale o etnica, magari a volte nemmeno fondata su basi troppo solide, ma che ci garantisce la possibilità di rinchiuderci all'interno di un fortino inattaccabile, al sicuro da ogni minaccia di messa in discussione, segno di una debolezza che caratterizza la paura del confronto, della contaminazione e del cambiamento, dimenticando che lo sviluppo culturale si basa proprio sulle contaminazioni, gli scambi, i contatti con quanti sono altro da noi.

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