domenica 23 ottobre 2011

Rituali

Questa mattina ho assistito a una matineé di musica classica, un concerto per violino e pianoforte in una suggestiva sala di un palazzo storico del centro città. Durante lo svolgimento del concerto riflettevo su alcune modalità di comportamento sia da parte dei musicisti che del pubblico del quale facevo parte io stesso. Tutto si svolgeva secondo un copione non scritto, quasi ci fosse stato un accordo prestabilito tra i presenti o meglio, a questo punto, attori della situazione. Le modalità di esecuzione, gli applausi, le uscite e i rientri ripetuti, il perdurare degli applausi volti a richiamare in scena gli artisti, gli inchini contemporanei, i bis (due) visibilmente preordinati e programmati, tutto si svolgeva secondo un copione non scritto ma fedele a una partitura comune e nota a tutti. Quello al quale stavo assistendo era un rituale in piena regola.
Viene da chiedersi a questo punto fino a che punto ciascuno di noi necessita, nel suo vivere quotidiano, di rituali fissi e prevedibili e quanto essi siano rassicuranti per il nostro equilibrio esistenziale. Forse senza accorgersi viviamo e interpretiamo in ogni momento parti di rituali che ci vengono imposti o suggeriti dall'esterno, ma anche di rituali che noi stessi ci costruiamo su misura per nostro benessere.
Possiamo dire che esistono due tipologie di rituali che condizionano la nostra esistenza: i macro rituali dettati dal nostro essere calati in una società che ci vede partecipi in quanto animali politici di aristoteliana concezione quali i riti religiosi, politici, sociali volti a identificarci verso noi stessi e gli altri, finalizzati a fornirci un'identità precisa del nostro vivere comune e poi esistono i micro rituali, le consuetudini quotidiane e individuali che riserviamo a noi stessi, in una coazione a ripetere che ci permette di restare fissi nel nostro equilibrio mentale. Trasgredire questi rituali ci destabilizza come destabilizzanti sono, per la società, le trasgressioni collettive o svolte in ambiente sociale.
La ritualità esiste quindi in quanto rassicurazione di una continuità che non provoca scosse e rende le nostre vite indirizzate su binari di omologazione?
E quanto di tutto ciò, nella nostra singolarità, pesa nel nostro definirci come esseri riconosciuti innanzitutto di fronte a noi stessi?

3 commenti:

  1. L’uomo ha bisogno di rituali, delle sue certezze, delle sue sicurezze, dei suoi punti di riferimento. Non a caso tutto ciò che è nuovo, tutto ciò che è diverso ci fa paura (il disabile, l’extracomunitario…). L’estraneità e l’ignoto ci inquietano perché rompono equilibri faticosamente raggiunti e ormai consolidati. Ma è anche vero che i rituali, con il tempo, diventano routine, ci annoiano, ci stancano. Allora dobbiamo trasgredire, dobbiamo infrangere quelle stesse regole che con fatica abbiamo costruito, abbiamo bisogno di superare i nostri stessi confini, vogliamo andare oltre. E’ l’ambivalenza umana, è il doppio, è l’Heimlich/Unheimliche di Freud.

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  2. L'estremizzazione patologica della ritualità è la ossessività. L'ossessivo, impegnato a ripetere senza fine i suoi rituali, trova così il modo di eludere il suo mondo interno di sentimenti e passioni, davanti ai quali non è in grado di stare.
    Concordo con horror vacui. Mia nonna ha vissuto fino a 96 anni contando il numero degli spaghetti che si cucinava, tanto per dirne una.
    Ricordo il tic toc della grande sveglia sul comò in camera da letto di mia nonna che, quando ero piccolo, mi dava tanta sicurezza sul regolare e sicuro procedere del tempo: anche una sveglia può essere un rituale!

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  3. La dimensione insolita e sconosciuta genera angoscia in quanto non può essere sottoposta a controllo. Il rituale in questo senso ci fornisce sicurezza in quanto perfettamente prevedibile. Ma la ripetitività può generare il bisogno di trasgressione, di rottura dello schema che lo caratterizza in una forma di ritualità opposta che ci permette di osservare dall'esterno quell'universo conosciuto, quasi avessimo bisogno di un distacco per meglio riconoscere quanto ci appartiene.

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