E
mentre l'essere che si è ricevuto tende a nascondersi, un qualcosa,
anima si dovrebbe chiamarlo, tende a uscire dall'interno del recinto.
A gran parte della Psicologia e ad altre Scienze Umane o dello
Spirito ha procurato una grande tranquillità il prescindere da ciò
che a noi sembra di avvertire come “questa” tradizionalmente
detta anima. Cui tale sorte è toccata, senza dubbio, per il fatto di
essere un presupposto metafisico, una manifestazione della vita
incorporea e il sostegno – altrettanto tradizionale – o “conditio
sine qua non” della mistica. Per la ragione analitica, la sua
esistenza rappresenta un ostacolo: può l'anima, proprio essa, venire
tranquillamente sottoposta ad analisi? Il suo concetto è un'altra
cosa, può essere analizzato e perfino ricostruito come qualsiasi
altro concetto; ma essa, l'anima, come può essere analizzata se non
sta, propriamente, in noi, né in altro, e ancor meno in se stessa?
Quando mai si è vista un'anima ripiegata in sé? Naturalmente,
neanche ciò che si raccoglie in sé o attraverso cui noi ci
raccogliamo in noi stessi è mai stato visto, e meno che mai
all'interno di quell'indirizzo delle scienze in cui non si punta a
vedere. L'anima, però, ha un movimento suo proprio, procede per
conto suo e va e viene senza essere notata, o anche essendolo.
E
dev'essere per questo suo singolare movimento e per il modo in cui
essa lo fa sentire che la scienza preferisce non tenerne conto,
dell'anima, giacché anche la psiche si muove senza requie ma con
l'aria di stare sempre nello stesso posto, disponibile, statica;
soprattutto questo: statica. Non manifesta alcun impulso ad andare
oltre se stessa. E non va in estasi nemmeno quando si rannicchia nel
subconscio. Sembra disposta a rispondere solo se la si stimola;
risponde, insomma, agli stimoli.
E
l'anima no; se risponde, è alla chiamata, all'invocazione e persino
allo scongiuro, come attestano tante orazioni delle varie religioni
tradizionali. Essa pare avere così una stretta parentela con la
parola e con alcuni aspetti della musica; fondamento stesso, così ci
si presenta, di ogni liturgia.
Di
condizione alata e portata a fuggirsene, si comporta come una
colomba. Ritorna sempre, finché un giorno scompare portando con sé
l'essere che la ospitava. Quando ciò accade si continua così ad
attendere che ritorni o che si sia posata in qualche luogo da dove
non debba più partire, diventata alla fine una cosa sola con
l'essere che si portò via. E che questo andar via sia stato per lei
il ritorno definitivo a quel suo luogo di origine verso il quale
continuava così tenacemente a fuggire. Ostinata colomba, come la si
potrebbe convincere di nulla? Sembra sapere qualcosa che non
comunica, che non dice mai perché già così affine alle parole. Non
può dirsi, lei, a se stessa. Quando viene a mancare, tutto può
continuare come prima nell'essere abbandonato. L'essere che l'ha
perduta rimane però fermo, bloccato, in prigione. E nessun segno che
non provenga da essa gli vale per orientarsi. Giacché è proprio
della prigione togliere ogni orientamento a chi vi finisce. Quando
sorprende una lama di luce, una voce, un semplice punto con cui
orizzontarsi, il prigioniero respira, spera e, invece di cadere
nell'atonia prodotta dall'assenza totale di segni che orientino la
sua detenzione, rimane sul chi vive, benché essa non debba terminare
che in un giorno già stabilito.
Colui
che si desta con essa, con questa sua anima che non è proprietà sua
finché egli non dispone di vista e di udito, si libera, si schiude
nell'atto di orientarsi senza uscire di sé, lascia la tana del sogno
e del non essere: essere e vita si orientano congiuntamente verso
dove l'anima li porta. Rinasce. E così colui che si desta con la sua
anima non teme nulla. E allorché essa parte lasciandolo in
abbandono, apprende qualcosa, se non si spaventa, qualcosa della
vocazione estatica dell'anima. Quel volo che nessuna analisi
scientifica può raggiungere. (Maria Zambrano, Chiari del bosco,
Bruno Mondadori, 2004).
Possesso
o consapevolezza dell'anima, condizione necessaria ad orientarsi nel
proprio stare al mondo, elemento insondabile e quindi irreale dal
punto di vista scientifico o situazione indispensabile per poter
udire e vedere e quindi entrare in relazione con il mondo?