Dell'esatta
estensione della distruzione teoretica della nozione di uomo
implicita nel trattamento psicoanalitico di Freud ci facciamo un'idea
completa se confrontiamo i dati di fatto, da lui stesso definiti i
pilastri fondamentali della sua prassi
psicoanalitica, con le basi principali della sua teoria
psicoanalitica. Là la
'resistenza'
e il 'transfert'; qui l'organo cerebrale materiale con i suoi organi
di senso che percepiscono in maniera insufficiente la 'realtà', e
una serie lacunosa di atti di coscienza. I fenomeni indicati coi nomi
di 'transfert' e 'resistenza' sono fenomeni indicanti relazioni
interumane, fenomeni incontestabili ed effettivi. Per contro, né la
rappresentazione teorica di atti di una coscienza, né l'idea di un
organo cerebrale materiale isolato, corrispondono a una realtà
direttamente data. Per non parlare poi del fatto che esse non sono
affatto all'origine della nostra percezione dell'uomo, come Freud
continuava a ritenere. Entrambe sono invece già astrazioni
completamente sospese nell'aria. Sono riduzioni ideali di determinati
domini di essenza e di determinati eventi relazionali umani a entità
di tipo psichico e fisico rappresentate oggettivamente. Perciò non
c'è più neppure una via che riconduca da siffatte rappresentazioni
alla piena comprensione di un qualsiasi comportamento umano. Una
volta che si sia rappresentato il cervello umano come un organo
esistente per sé o come uno strumento materiale, in qual modo
potrebbero mai agire su di esso delle entità così immateriali e
prive di articolazioni quali sono gli atti coscienti? In qual modo e
in qual luogo una coscienza concepita così isolata potrebbe mai
dimorare in un organo cerebrale; in che modo quest'organo potrebbe
mai diventare un suo 'sostrato', un suo supporto? E come si potrebbe
mai concepire l'affermazione che la materia di questo sostrato si
volatizza da sé in atti psichici? Anzi, non si potrebbe neppure dire
in che modo ciò che viene recepito dai nostri organi sensoriali
possa essere trasportato in una coscienza supposta presente in
qualche punto di noi e ivi trasformato in atti di coscienza dotati di
significato. In realtà, i nostri organi sensoriali, in quanto tali e
di per sé, non sono in grado in generale di recepire e di percepire
alcunché. Chi percepisce ed è consapevole è invece sempre e
soltanto l'essere umano stesso nella sua totalità. Ma allora come
potrebbero i nostri organi sensoriali possedere anche “specifiche
facoltà di ricezione” in conseguenza delle quali il “congetturato
stato di cose reale” verrebbe mascherato in modo che noi dovremmo,
ovvero potremmo soltanto, affrontarlo solo successivamente e per
mezzo di complicate ipotesi dinamiche ed economiche?
Se
l'uomo, con tutto il suo mondo, fosse effettivamente costituito nel
modo in cui Freud, conformemente al pensiero
naturalistico-scientifico dell'epoca, continuò a teorizzarlo, cioè
semplicemente da meccanismi somato-psichici originariamente isolati,
come quello di un telescopio, e da entità del mondo esterno;
insomma, da un agglomerato di oggetti puramente-presenti e
originariamente separati, non potremmo mai sperare di percepire, per
non dire di capire, neppure una relazione così semplice come
l'essere-di-fronte di un oggetto per un soggetto o il mio
poter-incontrare un altro uomo. Tanto meno si potrebbe realmente
comprendere in che modo uno possa incorrere in uno stato di
'transfert' affettivo o di intensa 'resistenza' nei riguardi del suo
analista, e da costui, stando dentro un siffatto 'scenario' di
collaborazione interumana, essere curato e guarito. Non si sono mai
visti, infatti, meccanismi di qualunque tipo siano, che percepiscano
alcunché o addirittura si amino e si odino mutuamente. Per fortuna,
tutta questa automutilazione teoretica di Freud ebbe un ruolo
principale soltanto nei suoi libri; nella pratica del suo lavoro,
invece, Freud non cessò mai di considerare i suoi pazienti come
uomini globali, né li trattò mai, ivi, come telescopi o come fasci
di istinti, come pure avrebbe dovuto propriamente fare se si fosse
attenuto alla sua teoria.
Medard
Boss, Psicoanalisi e Analitica esistenziale,
Astrolabio, Roma 1973.
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