È
inevitabile accettare il fatto che se consideriamo quest’ultimo
periodo, lo troviamo pieno di scienza e conoscenza pura: di
conoscenza applicata alla tecnica e alla fabbricazione di strumenti,
ma povero, immensamente povero, di tutte le forme attive di
conoscenza. E per attive intendiamo quelle che nascono dal desiderio
di penetrare nel cuore umano, quelle che si fanno carico di
diffondere idee fondamentali come ispiratrici nella vita quotidiana
dell’uomo comune che non è, ne pretende di essere filosofo o
saggio.
Forme
creatrici che non scoprono ne indagano, bensì trasformano ciò che è
stato indagato e scoperto, idee vigenti, ossia attive. […]
La
vita ha bisogno di pensiero, ma ne ha bisogno perché non può
preservare lo stato in cui spontaneamente si produce. Non basta
infatti nascere una volta e muoversi in un mondo di strumenti utili.
La vita umana chiede di essere sempre trasformata, il pensiero vaga
abbandonato se non trasforma la vita, se non è accolto e accettato,
patrimonio solo di coloro che sono stati capaci di scoprirlo.
Maria
Zambrano, Verso un sapere dell’anima, Raffaello
Cortina, Milano 1996.
Se
devo pensare a un aggettivo che caratterizzi il vivere comune di
questi tempi, questo è: "superficiale".
Nel
senso che tutto ciò che ci viene incontro oggi è attraversato da
uno sguardo che sfiora la superficie delle cose senza il tempo o il
bisogno di penetrare nella vera essenza di ciò che ci appare come
fenomeno. Apparentemente abbiamo la presunzione di sapere tutto a
proposito di ciò che ci circonda, bersagliati come siamo da una
infinità di informazioni che non ci concedono la possibilità di una
riflessione approfondita degli eventi che ci accadono. In realtà
finiamo per non sapere niente di ciò che abbiamo intorno proprio
perché ci accontentiamo di un sapere fittizio, fatto di frasi
riportate, di immagini sfuggenti, di rimandi di opinioni che altri
confezionano per noi, pensando in nostra vece.
Il
"sapere di non sapere" socratico era espressione di estrema
umiltà di un vero sapiente, il nostro "sapere di ogni cosa"
è espressione vana di un'estrema presunzione vacua.
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